Riscopriamo Franchino Gaffurio da Lodi
Maggio 17, 2022 2022-09-28 10:34Riscopriamo Franchino Gaffurio da Lodi
Tra Libroni, incontri interessanti e una mente aperta al futuro
Il 24 giugno 1522 moriva a Milano Franchino Gaffurio, compositore-trattatista di cui, quindi, quest’anno cade il cinquecentenario della scomparsa.
Alla fine del Quattrocento egli fu sicuramente in pole position fra i teorici italiani; rigoroso e a tratti polemico espose e riorganizzò l’intera dottrina dell’ars musica in una serie di trattati di fondamentale importanza. E in questa veste in effetti è parecchio conosciuto e studiato.
Ma, come cercherò di spiegare in questo breve articolo, c’è anche molto altro da dire; mi riferisco alla sua attività compositiva che, da sempre oscurata da quella di teorico, solo recentissimamente ha iniziato a essere studiata e conosciuta. Per questo credo sia necessario spendere qualche parola per iniziare a conoscerlo meglio e dargli una giusta e doverosa collocazione nella storiografia musicale tardo quattrocentesca!
Il periodo pre-milanese
Franchino Gaffurio nacque il 14 gennaio 1451 a Lodi dove visse fino al 1473 quando si trasferì a Mantova dove soggiornò per un biennio. Durante questi anni giovanili prese gli ordini monastici e divenne allievo del fiammingo Jan Godendach.
E siamo giunti al suo primo incontro interessante: Godendach, infatti, non era assolutamente un maestro di second’ordine, anzi! Meglio noto con il nome latinizzato in Johannes Bonadies, questi fu un apprezzato teorico musicale:
occupato a concertare, dirigere e cantare in funzioni religiose presso diverse chiese e conventi, e attento compilatore, negli intervalli di tempo libero, del codice legato al suo nome, in cui copiava “quanto di buono gli capitava fra mano dei compositori e dei teorici più reputati, fra i quali egli sembra aver prediletto l’Hothbi”. [CIARLANTINI 2001]
Il “codice legato al suo nome” di cui si fa cenno è il ms. I-FZc 117, noto anche come Codex Bonadies o Codex Faenza, un’importantissima silloge pratico-teorica che attesta più di venti trascrizioni strumentali di composizioni profane italiane e francesi del XIV secolo oltre a un rilevante numero di trattati teorici del secolo XV e a musica vocale sacra e profana dei secoli XIV e XV in notazione sia nera sia bianca.
Come si diceva, sotto la guida di Godendach/Bonadies Gaffurio avviò il proprio apprendistato musicale e, in particolare, esordì nell’ambito trattatistico con l’Extractus parvus musicae e il Tractatus brevis cantus plani entrambi conservati nel ms. I-PAp 1158. Questo stesso manoscritto (miscellaneo) ci consegna anche le uniche composizioni profane di Gaffurio a noi giunte: due sine litteris e quattro con testi in italiano: Lascerà ogni ninfa el Parnaso colle, Illustrissimo marchese, Ahimè fortuna, Alto standardo [cfr. SAGGIO 2017].
Questa prima fase ‘di formazione’ fu seguita da un periodo parecchio articolato che portò Gaffurio dapprima a Verona (1475-77) e successivamente (1477) a Genova nell’entourage del doge Prospero Adorno. La parentesi genovese si rivelò più movimentata del previsto: nel 1478 le truppe sforzesche occuparono la città ligure e Adorno ritirò verso Napoli accompagnato dalla propria familia fra cui, per l’appunto, il nostro compositore lodigiano che vi si trattenne fino al termine del 1480. Il soggiorno partenopeo si rivelò ricco di fruttuosi contatti con i musicisti e teorici del luogo fra cui spicca, soprattutto, la frequentazione con un altro grande fiammingo del momento: il teorico Johannes Tinctoris – e siamo giunti al secondo incontro interessante! – i cui insegnamenti influenzarono profondamente il pensiero teorico gaffuriano. I primi frutti di questo upgrade teorico sono ravvisabili nel Theoricum opus che Gaffurio pubblicò a Napoli nel 1480 e che nel 1492 venne revisionato e ripubblicato a Milano con il titolo Theorica musicae. All’ombra del Vesuvio il musicista lodigiano scrisse anche il Musices practicabilis libellum (US-CAh Mus 142) e progettò il
Tractatus practicabilium proportionum (I-Bc A69) la cui stesura effettiva ebbe luogo a Monticelli d’Ongina (vicino a Cremona) subito dopo il suo rientro al Nord [cfr. ROSSI 2008, pp. 18-19]. Anche questi due trattati in seguito subirono un processo di revisione e nel 1496 furono convertiti rispettivamente nel secondo e nel quarto libro della Practica musice. Durante il soggiorno partenopeo videro la luce anche i suoi due mottetti più vecchi a noi giunti, Christe redemptor omnium e Hostis Herodes impie, entrambi attestati nel ms. I-MC 871. A Napoli Gaffurio compose anche il mottetto Nunc eat et veteres (che immaginiamo parecchio complicato) scritto in risposta a un’analoga composizione, Difficile alios delectat pangere cantus, di Tinctoris in cui entrambi i compositori si produssero nell’applicazione della teoria delle proporzioni mensurali. Però laddove Difficile alios è giunta a noi all’interno di una silloge teorica (I-Pec 1013), della composizione gaffuriana non c’è più alcuna traccia fatta eccezione per una menzione nel Tractatus practicabilium proportionum [cfr. BLACKBURN 1981, pp. 30-35].
Nel 1480 Gaffurio rientrò nel Nord Italia; dapprima fu maestro di musica a Monticelli d’Ongina – qui iniziò a scrivere il trattato Practica musicae – e, dopo un breve periodo in cui diresse la cappella del duomo di Bergamo, nel 1484 divenne maestro di cappella della cattedrale di Milano.
E qui si stabilì definitivamente!
Maestro di cappella del Duomo di Milano
La direzione della cappella del Duomo milanese era (lo è tuttora) un incarico sicuramente prestigiosissimo ma anche parecchio impegnativo. Franchino Gaffurio, quindi, pur portando avanti l’attività compositiva e trattatistica, venne inevitabilmente assorbito da diversi e nuovi compiti, anche organizzativi. Fra questi quello di sovrintendere al confezionamento di quattro volumi corali noti come i ‘Quattro libroni di Gaffurio’ (v. infra).
A questa posizione professionale si affiancò quella di musicae professor presso lo Studium di Pavia con sede a Milano; un incarico (anch’esso decisamente prestigioso) voluto e finanziato da Ludovico il Moro. Ce ne resta una eloquente testimonianza ‘visiva’ nella celeberrima xilografia dell’Angelicum (1508, Milano, Gottardo da Ponte) che, per l’appunto, ritrae Gaffurio in cattedra con posa professorale.
L’occupazione francese del 1499 e la conseguente caduta degli Sforza non mutarono lo status accademico-professionale Gaffurio il quale mantenendo intatte tutte le proprie prerogative e attività iniziò addirittura a fregiarsi «del titolo di regius musicus […], qualifica che omise solo durante la breve restaurazione sforzesca (1512-1515)» [STEFANI 2017, p. 43].
Oltre ai trattati sopra menzionati, a Milano Gaffurio pubblicò la Theorica musicae (1492), la Practica musice (1496, più volte ristampata) e il De harmonia musicorum instrumentorum opus (1518), con i quali eplorò l’intero spettro teorico della produzione musicale coeva spesso – lo si accennava sopra – con una vis polemica molto marcata e stigmatizzando (con tanto di nome e cognome o, come diremmo oggi, con precisi ‘rimandi bibliografici’) i compositori non conformi ai sue orientamenti dittrinali.
E la querelle dottrinale caratterizzò anche gli ultimi anni del nostro lodigiano che entrò in collisione con il teorico bolognese Giovanni Spataro. Quest’ultimo, infatti, in quanto sostenitore del superamento dell’impianto esacordale, ingaggiò una vera e propria crociata contro le posizioni teoriche gaffuriane per mezzo di una serie di libelli fra cui Dilucide et probatissime demonstratione de Maestro Zoanne Spatario musico bolognese, contra certe frivole et vane excusatione, da Franchino Gafurio (maestro de li errori) in luce aducte (1521), Errori de Franchino Gafurio da Lodi da Maestro Ioanne Spatario musico bolognese in sua defensione et del suo preceptore Maestro Bartolomeo Ramis hispano subtilemente demonstrati (1521).
Di fronte alla carica polemica di questi scritti Gaffurio, ça va sans dire, non si tirò indietro e nel 1520 controbattè con l’Apologia Franchini Gafurii musici, aduersus Ioannem Spatarium et complices musicos Bononienses cui fecero seguito due epistole (1521) a ulteriore difesa delle proprie posizioni.
Gaffurio morì a Milano il 24 giugno 1522 e secondo la ricostruzione di Davide Daolmi sarebbe stato sepolto a Pavia in un monumento funebre progettato dal Bambaia e in seguito trafugato e ricollocato nella chiesa di Santa Maria Maggiore di Treviso [cfr. DAOLMI 2017b, pp. 159-168].
I libroni di Gaffurio
Come si accennava sopra, il nostro compositore fece compilare i cosiddetti quattro Libroni di Gaffurio (o del Duomo); anch’essi meritano qualche parola.
Essi furono compilati all’incirca tra il 1490 e il 1507 e oggi sono conservati presso l’Archivio della Veneranda Fabbrica del Duomo (I-Mfd) dove risultano catalogati nel seguente ordine: Librone 1 (n. 2269), Librone 2 (n. 2268), Librone 3 (n. 2267) e Librone 4 (n. 2266). Gaffurio non si limitò a organizzare e presiedere il lavoro di compilazione ma in alcuni casi procedette egli stesso alla copiatura degli antigrafi. All’interno dei Libroni è attestato il repertorio sacro in uso presso la Cattedrale e la cappella ducale sforzesca: «musiche composte prevalentemente da Franchino Gaffurio stesso e dai compositori ‘oltremontani’ che lavorarono a Milano alla corte degli Sforza negli ultimi decenni del XV secolo» [CASSIA 2019, p. 275].
Il Librone 4 purtroppo fu parecchio danneggiato da un incendio che si sviluppò tra il 3 e il 4 agosto 1906 nel padiglione dell’Esposizione Internazionale di Milano dove era esposto; parecchie chartae furono irrimediabilmente distrutte, altre si salvarono seppur parzialmente.
Tutti i Libroni sono consultabili online ad altissima risoluzione nel portale Gaffurius Codices Online all’indirizzo https://www.gaffurius-codices.ch/s/portal/page/home.
Il Lib. 1 consta di 189 chartae più le controguardie membranacee oggi conservate come «Allegati». Esso attesta 141 composizioni (mottetti, cicli di motetti missales, Magnificat, varie composizioni liturgiche e qualche brano sine litteris) di cui 39 adespote e le restanti di (o attribuite a) Arnulfus, Binchois, Busnois, Compère, Du Fay, Gaffurio, Martini, Pullois, Weerbeke. Si tratta di un testimone a spiccato indirizzo mottettistico.
Il Lib. 2, invece consta di 211 chartae, IV guardie moderne e una charta staccata contenente l’indice autografo di Gaffurio. Questo volume tramanda 42 composizioni (messe, frammenti di messa, motetti missales, mottetti) di Brumel, Compère, Gaffurio, Isaac, Martini, Obrecht, Tinctoris, Weerbeke oltre a 6 brani di anonimi.
La consistenza del Lib. 3 ammonta a 217 chartae precedute da III guardie moderne più una coeva anch’essa con l’indice autografo di Gaffurio ed è concluso da III guardie moderne. Al suo interno troviamo 74 composizioni (messe, frammenti di messa, motetti missales, mottetti) di Agricola, Brumel, Compère, Coppini, Gaffurio, Isaac, Josquin, Mouton, Prioris, Rupsch e 36 adespote.
Nelle condizioni attuali il Lib. 4 attesta 93 composizioni (messe, frammenti di messa, mottetti e una composizione profana in lingua italiana) di Compère, Gaffurio, Josquin, Spataro, Weerbeke e 49 prive di attribuzione.
Questi quattro manoscritti danno conto del repertorio e degli stili compositivi particolarmente favoriti a Milano nel tardo quattrocento e all’alba del XVI secolo sia in Cattedrale sia nella cappella ducale. E si tratta di repertori e stili in parte praticati anche da Gaffurio e sui quali è, quindi, opportuno spendere qualche parola.
Lo stile milanese
Quando nel 1484 Gaffurio assunse la direzione della cappella del Duomo, inevitabilmente entrò in contatto con l’usus componendi dei compositori ‘milanesi’ (o, meglio, in stanza a Milano) che l’avevano preceduto; soprattutto Gaspar van Weerbecke e Loyset Compère. Dalle loro composizioni (anch’esse parecchio presenti nei Libroni) traspare un orientamento compositivo denominato ‘stile milanese’ le cui prerogative, in estrema sintesi, erano:
1) frequente alternanza di duetti (e terzetti) e regime imitativo;
2) fraseologia musicale imperniata su una chiara organizzazione del testo (segmenti testuali marcati da pause);
3) conclusione del brano in proportio sesquialtera;
4) elaborazione contrappuntistica a partire da un’intelaiatura superius-tenor
Questo stile sarebbe stato forgiato intorno agli anni ’70 del Quattrocento dall’incontro dei maestri ultramontani con l’andamento omofonico declamatorio tipico della musica peninsulare e l’esito più rappresentativo di questa fusione sarebbero i motetti missales di Weerbeke e Compère composti a Milano sotto il ducato di Galeazzo Maria Sforza.
Personalmente trovo che l’espressione ‘Stile milanese’ (o Milan style con cui è internazionalmente noto) debba essere almeno in parte rettificata perché conferisce una precisa connotazione sociale e geografica a compositori che milanesi non erano e, soprattutto, identifica uno stile che, a ben guardare, non appartiene del tutto a Gaffurio ossia all’unico compositore che, a differenza di Weerbeke e Compère, poteva dirsi lombardo e che, comunque, guidò la cappella del Duomo per ben trentotto anni guadagnandosi la palma di compositore milanese!
Ciò detto, si deve riconoscere che nel repertorio sforzesco degli anni ’70 (e parzialmente anche oltre) sono individuabili dei tratti ricorrenti che rimandano a un comune orizzonte esecutivo (quello sopra tratteggiato) di cui non si può negare l’esistenza; suggerisco, però, di modificare la denominazione ‘milanese’ con ‘galeazzesco’ o, meglio ancora, ‘pre-gaffuriano’ così stabilendo sia dei corretti puntelli cronologici sia (soprattutto) assegnando a Gaffurio il posto che merita nella storia della musica tra Quattro e Cinquecento. Egli infatti, sicuramente assimilò l’orientamento compositivo dei suoi predecessori ma successivamente lo riformulò dando vità a un nuovo e personale orizzonte stilistico.
Gaffurio compositore
E siamo giunti al punto!
Iniziamo a conoscere Gaffurio attraverso la lente della sua produzione mottettistica, finora l’unica indagata (cfr. ROSSI 2021).
A Milano Franchino compose gran parte dei mottetti a noi pervenuti aderendo solo parzialmente all’orizzonte stilistico locale da cui lentamente si allontanò producendosi in scelte compositive centrifughe. D’altronde Gaffurio approdò alla cappella del Duomo otto anni dopo l’assassinio di Galeazzo Maria quando ormai i compositori protagonisti di quella stagione musicale non erano più a Milano. Sebbene, perlomeno inizialmente, abbia tenuto conto di tutte le caratteristiche del loro stile milanese lentamente verso nuovi orientamenti e nell’arco di sei anni (fino al 1490 data di copiatura del Lib. 1) ridefinì il proprio stile personale fino a giungere a modernissimi (e, per l’epoca, assolutamente impensabili) principi di elaborazione tematica (ROSSI 2021, pp, 183-190).
Se dovessi indicare una (e una sola) cifra stilistica dei mottetti di Gaffurio sceglierei l’inclinazione per la ripetizione che nella sua opera assume connotati veramente singolari: rileviamo, infatti, innumerevoli passi in cui il decorso musicale si coagula intorno a un singolo motivo più e più volte ripetuto dando vita a un vero e loop temporale.
Talora, inoltre, questi comportamenti si inseriscono nell’intreccio tematico dei mottetti più maturi potenziando quella sorta di déjà entendu che costituisce la sintesi dell’esperienza sonora di queste composizioni.
E siamo giunti al punto cruciale: “esperienza sonora”.
L’esperienza sonora nei mottetti di Gaffurio
L’esperienza sonora nei mottetti di Gaffurio
Negli anni Gaffurio sviluppò una sorta di coscienza sonora che lo indusse a dare la priorità alla percepibilità delle sue composizioni. Pare un concetto ovvio (per noi!) ma così non era all’epoca. Dall’ascolto dei mottetti non traspare il teorico o il compositore orientato verso complicate e astratte architetture musicali ma, piuttosto, emerge il musicista preoccupato di far arrivare alle nostre orecchie le proprie intenzioni musicali. L’elaborazione tematica, per esempio, oltre a denunciare un approccio compositivo estremamente inedito e per l’epoca rivoluzionario, dà conto di un tessuto musicale coeso sul fronte motivico e, soprattutto, dotato di notevole percepibilità. Se si ascoltano in successione i mottetti del ciclo Imperatrix gloriosa pare quasi che il tessuto musicale si crei durante l’ascolto: questo grazie alla propulsività ritmico-melodica del tema principale che – impossibile non percepirne la grande personalità motivica – permea l’intera serie mottettistica.
Sono, quindi, certo che Gaffurio componesse pensando a una vera e propria platea di ascoltatori: in pratica a un pubblico.
Inserendo i mottetti in questa dimensione aurale acquistano senso tutte le strategie messe in atto per catturare dell’ascoltatore: l’improvviso arresto del decorso musicale in un ripetitivo e ipnotico loop e la successiva esplosione melismatica, per esempio. Oppure il ricorso alle progressioni spesso associate a uno scollamento metrico rispetto all’intelaiatura ritmica di base che, mutatis mutandis, crea un effetto paragonabile a un assetto sincopato ante litteram.
Gaffurio non fu, quindi, solo un teorico di immensa statura.
Fu anche un compositore che, partendo da una tradizione fortemente radicata e identitaria, diede vita a una più moderna (molto più moderna!) esperienza compositiva; un’esperienza compositiva che, negli ultimi mottetti, lo apparenta più al Josquin dell’Ave Maria (terzo incontro interessante!) che ai compositori galeazzeschi.
Rompiamo, quindi, l’immotivato e incomprensibile silenzio che ha circondato l’opera compositiva del nostro lodigiano: stiamo parlando, infatti, di un musicista di prim’ordine che ha saputo mettere in atto tecniche compositive per l’epoca rivoluzionarie (il principio di elaborazione tematica).
Ma non è tutto! Egli seppe archiviare definitivamente quell’estetica gotica (quattrocentesca) quasi del tutto focalizzata su astratte (e non udibili) architetture formali e semantiche inaugurando una nuova stagione ormai proiettata verso la dimensione aurale dell’esperienza musicale. Una dimensione ormai definitivamente cinquecentesca di cui Josquin è indicato come il precursore. E se – senza togliere nulla a Des Prez la cui immensa statura è fuori discussione – il vero precursore fosse, invece Gaffurio? D’altronde i due si conoscevano e spesso discussero di questioni musicali.
Per ora è prematuro formulare ipotesi al riguardo…ma cerchiamo di capirci meglio! In fin dei conti la ricerca sul Gaffurio compositore ci ha restituito un musicista moderno e straordinario che non ci saremmo mai aspettati; chissà che non venga fuori qualcosa di altrettanto sosprendente!
BIBLIOGRAFIA
BLACKBURN 1981: BONNIE J. BLACKBURN, A Lost Guide to Tinctoris’s Teaching Recovered, «Early Music History», 1, pp. 29-116
CASSIA 2019: CRISTINA CASSIA, La compilazione del Catalogo dei Libroni: problemi e osservazioni, in FILIPPI-PAVANELLO 2019, pp. 275-389
CIARLANTINI 2001: PAOLA CIARLANTINI, Godendach, Johannes, «Dizionario Biografico degli Italiani» 57 online all’indirizzo https://www.treccani.it/enciclopedia/johannes-godendach_%28Dizionario-Biografico%29/
DAOLMI 2017a: DAVIDE DAOLMI (a c. di), Ritratto di Gaffurio, Lucca, LIM.
DAOLMI 2017b DAVIDE DAOLMI, Iconografia gaffuriana, in DAOLMI 2017a, pp. 143-211.
FILIPPI-PAVANELLO 2019: DANIELE V. FILIPPI – AGNESE PAVANELLO (a c. di), Codici per cantare – i Libroni del Duomo nella Milano sforzesca, Lucca, LIM
GAFFURIO 1496 FRANCHINO GAFFURIO, Practica musicae, Milano, Giovanni Pietro Lomazzo
GAFFURIO 1508 FRANCHINO GAFFURIO, Angelicum ac divinum opus musice, Milano Gottardo da Ponte
ROSSI 2008: FRANCESCO ROCCO ROSSI, Guillaume Faugues. Sulle tracce di un musicista franco-fiammingo del Quattrocento, Genova, San Marco dei Giustiniani
ROSSI 2021 FRANCESCO ROCCO ROSSI, Franchino Gaffurio compositore – i mottetti, Ivrea, LeMus
SAGGIO 2017: FRANCESCO SAGGIO, Il codice Parmense 1158 – Descrizione del manoscritto ed edizione delle musiche di Gaffurio, in DAOLMI 2017a, pp. 73-103
STEFANI 2017: DAVIDE STEFANI, Le vite di Gaffurio, in DAOLMI 2017a, pp. 27-48
MANOSCRITTI
I-Bc A69 Bologna, Museo internazionale e biblioteca della musica di Bologna, Ms. A69
I-FZc 117 Faenza, Biblioteca Comunale, Ms. 117
I-MC 871 Montecassino, Biblioteca dell’Abbazia, Ms. 871
I-Mfd Milano, Veneranda Fabbrica del Duomo, Biblioteca.
I-PAp 1158 Parma, Biblioteca Palatina, Ms. 1158
I-Pec 1013 Perugia, Biblioteca Comunale Augusta, Ms. 1013
US-CAh Mus 142 Cambridge (Massachusets), Harvard University, Houghton Library, Ms. 142
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Riscopriamo Franchino Gaffurio da Lodi – Musicologia Attiva
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