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Ulisse Matthey 1876-1947

Ulisse Matthey
L'eco degli artisti

Ulisse Matthey 1876-1947

Ulisse Matthey 1876-1947

L’organista gentile

 

Tra i vari organisti Italiani che hanno segnato la prima metà del XX secolo, la figura di Ulisse Matthey è sicuramente degna di essere ricordata per vari motivi. Purtroppo il suo nome, come quello di altri organisti della sua epoca, rimane un po’ nascosto nelle nebbie della odierna indifferenza; ricordiamo però alcune memorabili esecuzioni di Arturo Sacchetti e la recente incisione dell’opera integrale per organo e harmonium di Fausto Caporali per la Casa Discografica Tactus. Se dovessimo trovare un aggettivo per descrivere la sua persona, il suo carattere, la sua arte, forse la gentilezza è il tratto che lo ha sempre contraddistinto.

 

Perché ricordare oggi Ulisse Matthey?

In primo luogo perché dal punto di vista concertistico Matthey seppe degnamente rappresentare l’Italia in ambito internazionale, così come Marco Enrico Bossi, pioniere del concertismo organistico italiano nei primi anni del ‘900 e morto purtroppo nel 1925 all’età di 64 anni. Matthey e Bossi, oltre che validissimi esecutori, erano anche buoni amici e Matthey seppe valorizzare ampiamente la musica di Bossi negli anni successivi alla sua morte. Inoltre, egli incarnò in modo eccezionale la figura dell’organista liturgico professionista; prestò servizio presso il Santuario di Loreto dal 1902 fino al 1923, e in questi anni riuscì a conciliare gli impegni concertistici e didattici. La sua carriera ebbe una svolta nel 1923 quando divenne docente di Organo presso il Liceo Musicale di Torino (l’attuale Conservatorio); in veste di docente formò validissimi allievi. Altra qualità di Ulisse Matthey fu la vena creativa che seppe indirizzare verso la composizione.

Per questi motivi la vita di Matthey merita uno sguardo ravvicinato. Per scoprire i momenti più significativi che hanno caratterizzato la sua carriera, fonte fondamentale di informazioni è il libro, a lui interamente dedicato, scritto da Bernardo da Offida, frate Cappuccino di Loreto amico e confessore di Matthey. Così scrive nella prefazione del libro pubblicato nel 1950: «[…] ho passato con Matthey non solo le ore artistiche più belle della mia vita quando al pianoforte o all’organo mi faceva sentire i capolavori dell’arte musicale, ma Egli ha santamente ed efficacemente influito, con la parola e con l’esempio, sul mio animo e sul mio ministero sacerdotale… Come sacerdote dovevo ricordare questo artista che tutta la vita ha dedicato all’arte sacra e con piena coscienza di onorare Iddio»

 

 

Dalle prime note al Diploma in organo

Ulisse Matthey nacque a Torino il 17 aprile 1876 da Giuseppe e Aminta Pedotti. L’approccio con la musica avvenne in famiglia, iniziò lo studio del pianoforte all’età di cinque anni e le esibizioni nei salotti dell’aristocrazia torinese come bambino prodigio furono numerose. Il padre però era contrario allo studio della musica: «Qualunque impiego, qualunque professione, magari un mestiere, maestro di musica mai»; Matthey ricorderà sempre queste parole. Tra i suoi antenati ricordiamo un importante ufficiale nel ministero della guerra sabaudo e un garibaldino che partecipò alla spedizione dei Mille.

 

Torino agli inizi del XX secolo

 

Nonostante la contrarietà del padre, Matthey proseguì gli studi di pianoforte presso il Liceo Musicale di Torino; in principio sognava di diventare direttore d’orchestra, ma ben presto si manifestò l’interesse per l’organo, in particolare quando il sacerdote salesiano musicista don Giovanni Pagella lo invitò a suonare il nuovo strumento della chiesa di S. Giovanni Evangelista: da quel momento decise di dedicarsi completamente allo studio dell’organo sotto la guida di Roberto Remondi, docente al liceo musicale torinese. Successivamente su consiglio di Giovanni Tebaldini, che ne aveva intuito il grande talento, si trasferì a Parma per proseguire la sua formazione con Arnaldo Galliera. Conseguì il diploma di organo come candidato esterno presso il conservatorio Arrigo Boito (di cui Tebaldini era direttore) il 3 luglio 1900.

 

La chiesa di S. Agostino

 

Dopo il Diploma ritornò a Torino dove prestò la sua opera in varie chiese, in particolare ottenne il posto di organista e Maestro di Cappella nella chiesa di S. Agostino. In questo periodo iniziò attivamente ad operare per attuare la riforma ceciliana sotto il profilo della composizione: il primo brano che scrisse per la Cappella musicale di S. Agostino fu il Canto della Turba dalla Passione di S. Matteo. Per integrare lo stipendio Matthey dava lezioni di piano e organo e spesso si recava nelle Chiese di Torino per altri servizi. L’amicizia con il parroco di S. Agostino era molto profonda; a volte, quando Matthey proponeva un sostituto in caso di assenza, il parroco diceva: «Tu va pure a suonare, qui faremo le funzioni senza organo… qui la gente viene per sentire Matthey e non l’organo».

Il primo concerto d’organo lo tenne a 22 anni, eseguendo una messa a 4 voci di Guglielmo Mattioli e aprendo con il Preludio e Fuga in Si minore BWV 544 di J. S. Bach. L’anno successivo, 1899, accompagnò la Missa Benedicamus Domino di Lorenzo Perosi.

 

Organista a Loreto

 

Il Santuario di Loreto

 

Nel 1901 si tenne il concorso per il posto di primo organista presso il Santuario di Loreto, dove contestualmente erano vacanti altre posizioni di rilievo nell’organigramma della Cappella musicale.
Matthey decise di parteciparvi per mettersi un po’ in vista nell’ambiente musicale: non sperava vincere, aveva solo 25 anni e al concorso molto probabilmente avrebbero partecipato organisti rinomati. Inoltre, il vecchio parroco di S. Agostino sarebbe stato molto dispiaciuto di perderlo; non mancò comunque di augurargli ogni bene prima della partenza per Loreto e gli fece avere una lettera di raccomandazione da Filippo Capocci, organista del Laterano.

Al concorso parteciparono cinque organisti, tra cui anche Giuseppe Ramella e Costante Adolfo Bossi, che sarebbero stati poi nominati primo e secondo organista del Duomo di Milano. Giovanni Tebaldini fu nominato Direttore (rimase in carica fino al 1925), Agostino Donini fu scelto come Vicedirettore (fino al 1909), Luigi Ferrari Trecate divenne organista aggiunto, ma il vincitore del posto di primo organista fu proprio Ulisse Matthey. Nota di colore: il giorno dell’esame Matthey non si sentì bene a causa di un gelato mangiato il giorno prima, come sollievo al gran caldo sofferto in una sala per lo studio.

Matthey tornò a Torino per qualche concerto e per salutare il vecchio parroco di S. Agostino, il quale morì qualche mese prima che la nomina a Loreto diventasse effettiva. Disse Matthey a riguardo: «Così non gli ho dato il dispiacere di abbandonarlo».

 

 

Invocazione alla Madonna di Loreto eseguita da Fausto Caporali:

 

Nel maggio del 1902 iniziò ufficialmente l’incarico di primo organista presso il Santuario di Loreto. Negli ultimi anni di vita avrebbe dichiarato: «Capii subito che non ero preparato per occupare il posto: se avevo vinto il concorso, ciò non dimostrava che sapessi suonare, ma solo che gli altri, forse, suonavano peggio di me. Sentii il dovere di studiare per compiere meno indecorosamente il mio ufficio».

Matthey abitava in via Fratelli Brancondi N° 27, ed era abitudinario: dopo una passeggiata mattutina e le funzioni in Santuario studiava con regolarità e metodo.

Prima dell’arrivo di Matthey, in Basilica era collocato un organo Callido del 1797, che nel 1884 l’organaro Pacifico Inzoli di Crema aveva profondamente modificato ed ampliato (con l’intervento di Inzoli lo strumento assunse le caratteristiche di un tipico “organo-orchestra” di impostazione lombarda ottocentesca). Lo strumento fu rimosso nel 1930 ed in seguito venduto alla Basilica di San Francesco ad Ascoli Piceno; ad oggi si conserva (purtroppo privo della parte superiore dell’artistica cassa neogotica) nell’abside della chiesa di San Francesco alle Scale ad Ancona. Lo strumento è a trasmissione meccanica con registri a manette e somiere maestro a vento, un unico manuale e pedaliera novecentesca non originale che fu voluta proprio da Matthey, in sostituzione di quella originaria a leggio.

 

L’organo Callido-Inzoli del Santuario di Loreto

 

Poco dopo che Matthey ebbe preso servizio furono costruiti due nuovi strumenti ad opera del celebre organaro torinese Carlo Vegezzi Bossi (su progetto di Marco Enrico Bossi). Il primo organo, in cui furono riutilizzati alcuni registri di un altro precedente organo del Callido risalente al 1802, fu inizialmente collocato nella zona absidale della Basilica. Era spostabile su apposito carrello e dotato di due tastiere e pedaliera, 20 registri, trasmissione pneumatico-tubolare.

Nel 1930, dopo la costruzione della nuova cantoria monumentale, lo strumento fu trasferito in controfacciata dall’organaro Gaetano Baldelli di Pesaro. Nel 1950 la ditta milanese Balbiani Vegezzi Bossi ne riutilizzò l’ottimo materiale per la realizzazione di un grande strumento a tre manuali, ceduto nel 1991 alla Cattedrale di San Benedetto del Tronto. Nello stesso 1902, Carlo Vegezzi Bossi realizzò anche un secondo organo (da studio) a due manuali e pedale, trasmissione mista meccanica/pneumatica e 12 registri, collocato nella Sala del Tinello del Palazzo Apostolico; tale strumento, dagli anni Settanta del Novecento si conserva nella chiesa parrocchiale di Villa Musone di Loreto (è stato elettrificato nelle trasmissioni ed un poco modificato nella consolle, ma conserva tutta la pregevolissima fonica originale, impreziosita di splendidi fondi e registri violeggianti). Si ringrazia Stefano Oddi per le preziose informazioni riguardanti questi strumenti.

 

La consolle dell’organo del tinello

 

Matthey a casa aveva un pianoforte e poteva usufruire, quando lo desiderava, dell’organo da studio a due manuali di Carlo Vegezzi Bossi collocato nel tinello del Palazzo Apostolico, mentre di notte si recava in Basilica per studiare a porte chiuse. Egli portò a Loreto la riforma della musica sacra per organo, così come Tebaldini portò la nuova musica vocale. Gli autori che Matthey eseguiva maggiormente all’organo furono Bach, Franck, Guilmant, Capocci e Bossi. In base al contratto di nomina doveva anche insegnare organo e pianoforte nella scuola istituita presso il Santuario: gli allievi vennero numerosi e la scuola diventò celebre in tutta la regione. Nel frattempo la carriera concertistica divenne più intensa; il 15 Aprile 1904 tenne un concerto tutto dedicato a Bach presso la Sala Costanzi a Roma.

 

Convegno di musica del 1903 (Matthey al centro con giaccia bianca)

 

«Non avevo mai pensato di fare il concertista, molto meno di diventare celebre», disse Matthey, che decise quindi di perfezionarsi a Parigi sotto la guida di F. A. Guilmant. Alla fine del percorso Guilmant gli rilasciò un diploma onorifico con queste parole: «il mio eccellente allievo è un artista di grande talento. Per la sua conoscenza del suono e dello stile dell’organo, egli potrà rendere grandi servizi agli studi severi di questo strumento in Italia. Il M° Matthey è un esecutore abilissimo e potrà dimostrare perfettamente con l’esempio come si deve suonare la musica classica e moderna». Matthey saprà ricompensare artisticamente il suo maestro facendo conoscere e ammirare la sua musica in Italia, specialmente il brano Marche funèbre et chant séraphique Op. 17, eseguito da Guilmant all’inaugurazione dell’organo di Notre Dame a Parigi; in occasione dell’anniversario della morte di Guilmant terrà pure un concerto alla radio.

Nel 1908 Matthey decise di perfezionare lo studio del contrappunto e della fuga con il M° Ferroni, docente al Conservatorio di Milano. Nel giro di pochi anni il nome di Matthey divenne noto in Italia.

Toccata-Fanfara eseguita da Fausto Caporali:

 

Il 7 settembre 1904 il M° Salvatore Gallotti, direttore della Cappella del Duomo di Milano, gli scrisse: «Io non comprendo perché non ha ancora concorso in Duomo. Se Ella ciò avesse fatto, a quest’ora sarebbe insediato quale primo organista… in seguito mi fu detto che Ella tende a Roma e che sarà là che un giorno scaverà la sua nicchia. Per mio conto avrei preferito Milano sotto tutti i rapporti e credo che ad onta dello stipendio non grande, Milano a Lei avrebbe reso più di Loreto e più di Roma… Tutto questo Le dico perché mi sarebbe stato caro che il posto di primo organista del Duomo fosse stato vinto da chi io stimo primo esecutore all’organo – con Bossi Enrico – che abbiamo a Milano. Mi permetto ancora di darle un consiglio: non perda di mira Milano».

Nel 1907 Matthey tenne tre concerti a Napoli in collaborazione con M. E. Bossi. Nel 1908 Tebaldini, tramite una sua conoscenza presso il Ministero, provò ad offrirgli un’opportunità lavorativa come docente nella Capitale, Matthey tuttavia decise di non lasciare Loreto. Nel 1909 fu invitato da Vincent D’Indy per un concerto a Parigi, dopo che questi lo aveva ascoltato a Loreto e ne era rimasto affascinato; a Parigi Matthey eseguì la Passacaglia di Bach e brani di Gulmant, Franck e Bossi. Successivamente furono numerosi i concerti a Roma, in particolare all’Augusteum dove era collocato il monumentale organo di Carlo Vegezzi Bossi.

 

Organo dell’Augusteum

 

Concertista Internazionale

Tra il 1917 e il 1918, anni della Grande Guerra, non tenne alcun concerto. Terminata la parentesi bellica ebbe l’occasione di esibirsi in Sudamerica e i Salesiani, orgogliosi del loro ex allievo, lo aiutarono nell’organizzazione del viaggio. Alla fine del 1920, dopo aver tenuto un concerto ad Asti, partì per l’Argentina; purtroppo, quando sbarcò dalla nave, ebbe la triste notizia di un incendio avvenuto nella Santa Casa di Loreto.

In Argentina percorse le città principali (Buenos Aires, Bahia Blanca, Rosario di Santa Fè, La Plata) e tenne 16 concerti. A Rosario di Santa Fè incontrò il famoso tenore Beniamino Gigli e insieme a lui offrì un memorabile concerto. Sappiamo inoltre che Matthey ebbe modo di conoscere la realtà di alcuni Conservatori, per esempio nelle sue memorie racconta: «Mi trovavo in un Conservatorio: quando fui nella sala dell’organo alcune ragazze erano attorno al disgraziato strumento. Una di esse era seduta davanti alla tastiera. Però sotto i piedi aveva un asse che copriva i pedali… Mi faccia sentire qualcosa signorina, lei, dietro invito del Direttore, attaccò un… Tango! Il Direttore mi pregò che eseguissi io qualcosa. Io mi rifiutai gentilmente. Che potevo suonare a quelle teste? Una fuga di Bach?».

 

Foto di Matthey con dedica a Bernardo da Offida

L’attività concertistica era sempre più intensa e a Loreto le assenze iniziarono a diventare numerose: in 21 anni di servizio, Matthey aveva tenuto 136 concerti! Molti a Loreto gli facevano notare che la sua celebrità gli faceva un obbligo di non assentarsi perché moltissimi venivano in Santuario proprio per sentire lui, ma all’età di 47 anni Matthey decise di non rinunciare ai concerti.

Altre proposte lavorative gli arrivarono da tutta Italia; M. E. Bossi, che per Matthey aveva una stima immensa, s’interessò personalmente perché andasse a Torino. Il Comm. Pedrazzi, reggente straordinario del Liceo musicale di Torino, nell’aprile del 1923 scrisse a Matthey: «Sono veramente lieto che la S.V. Ch.ma sia disposta ad accettare la cattedra di organo presso il nostro Liceo musicale… In quanto ai permessi straordinari che possono occorrerle durante l’anno scolastico per l’estrinsecazione dell’arte sua, l’Amministrazione non avrà nulla in contrario alla loro concessione, sempre quando non vengano a turbare il normale andamento della scuola».

Giga eseguita da Fausto Caporali:

 

Loreto vide partire Matthey con molto dispiacere e il Vescovo, Mons. Luigi Cossio, lo nominò organista ad honorem della Santa Casa, rilasciandogli un diploma: Matthey lo gradì moltissimo e nei suoi biglietti da visita riportò il titolo onorifico che gli era stato concesso.

La sorella Bice Matthey raccolse in un album vari articoli di giornale e recensioni riguardanti i concerti di Ulisse, per poi donarlo al fratello con la seguente dedica sul frontespizio: «Raccogli in queste pagine tutto ciò che di bello sa ispirare all’anima di chi ascolta la tua somma arte. Tua sorella». Il primo articolo è del 1906 e tratta del concerto di Matthey all’organo Mascioni in occasione dell’Esposizione Internazionale di Milano.

Tramite questo link è possibile visualizzare alcuni estratti delle recensioni dei concerti di Matthey.

 

Il periodo torinese

Ulisse Matthey prese servizio al Liceo musicale di Torino il 1° settembre 1923, e i giorni 11 e 13 settembre era già impegnato altrove: si recò a Vicenza assieme a M. E. Bossi per tenere due concerti. Matthey eseguì lo Studio Sinfonico di Bossi e durante l’esecuzione lo stesso Bossi e il M° Casimiri erano seduti a lato della consolle dell’organo; dopo l’esecuzione Bossi, meravigliato e commosso, abbracciò pubblicamente Matthey tra gli applausi del pubblico rivolti all’autore e all’esecutore. Bossi in seguito dichiarò: «Lo “Studio Sinfonico”? Bisogna sentirlo da Matthey».

Da Torino la fama di Matthey si diffuse maggiormente e l’attività concertistica dal 1925 in avanti diventò ancora più intensa: dalla fine del 1923 alla metà del 1927 tenne circa 100 concerti (mentre a Loreto, come già visto, in 21 anni ne aveva tenuti 136).

 

Autografo di un programma da concerto

 

Alla fine del 1927 ebbe l’opportunità di effettuare un tour di concerti negli Stati Uniti assieme al Coro Fiorentino I Maestri Cantori. Poco dopo l’arrivo negli U.S.A scrisse: «Ho l’impressione che l’impresario mi farà molto lavorare compensandomi il meno possibile. Suono tutti i giorni il piano o l’organo ai concerti del coro: l’impresario non mi lascerà partire. Bellissima accoglienza del pubblico e degli intelligenti ad ogni mia esecuzione. Ho avuto la possibilità di conoscere e suonare strumenti che mai avrei sognato. La vita è piacevole e varia, in alberghi e treni da grandi Signori».

Durante il tour Matthey ricevette spesso inviti per concerti solistici all’organo o al pianoforte, ma essendo alle dipendenze dell’impresario, e dato che questi pretendeva che si invitasse anche il coro, per motivazioni economiche dovette purtroppo rinunciare. Gli venne anche offerto di rimanere negli U.S.A. alle dipendenze di qualche impresario, tuttavia non si fidò della proposta in quanto riteneva non troppo onesti gli impresari americani e non voleva lasciare l’insegnamento a Torino.

Dettaglio simpatico: in America sentì la mancanza di una bevanda a lui gradita, il vino (in Italia ne beveva un bicchiere ad ogni pasto, negli U.S.A. dovette rinunciare spesso a questa abitudine). Inoltre il caffè era «buono, ma non buonissimo», e non sempre apprezzava la cucina locale.

Un giorno ebbe modo di gustare un piatto di tagliatelle a New York a casa del tenore Beniamino Gigli, e nella stessa città incontrò un altro tenore italiano che divenne assai famoso in quegli anni: mentre Matthey provava un organo un giovanotto gli chiese se si ricordava di lui che, come cantante alle prime armi, aveva partecipato nel 1910 all’esecuzione dell’oratorio Cristo Re di Pietro Magri a Lecce. Matthey non rammentava e il ragazzo si presentò: era Tito Schipa!

Il tour lo portò nelle principali città degli U.S.A., fino a San Francisco in California. Scrisse in una lettera: «Quanto ho sofferto nell’attraversare tutto il continente degli Stati Uniti per portarmi a San Francisco! Novantasei ore di treno. Pazienza; ma pensi, novantasei ore senza poter suonare!».

Terminato il tour negli U.S.A ritornò alla sua vita di insegnante e concertista a Torino, mentre da Loreto continuavano a giungergli lettere che lo invitavano a tornare in Santuario. Nelle vacanze estive e nelle feste di Natale e Pasqua continuava comunque a prestare servizio in Basilica e a Loreto aveva ancora la sua casa. Mons. Cossio, a nome di una Delegazione Apostolica, gli chiese esplicitamente quali fossero le sue condizioni per tornare a Loreto, ma Matthey decise di rimanere a Torino e di tornare a Loreto solo saltuariamente.

 

Matthey all’organo della chiesa di Maria Ausiliatrice a Torino

 

Nel 1932 accettò la supplenza della cattedra di organo al Liceo musicale di Bologna, mentre a Torino si stava per realizzare un suo sogno tanto ambito: un organo da concerto presso il Liceo musicale. Lo strumento venne costruito dalla ditta Tamburini di Crema su progetto dello stesso Matthey, che seguì personalmente tutto il lavoro di montaggio. In questo strumento era presente anche un congegno innovativo per l’epoca: una seconda consolle situata in luogo separato non visibile al pubblico, con la quale si potevano preparare tutte le combinazioni anche durante l’uso della consolle principale, permettendo di non sprecare troppo tempo per riprogrammare le combinazioni tra un brano e l’altro. Su questo strumento Matthey tenne innumerevoli concerti.

 

L’organo del Conservatorio di Torino

 

Sempre a Torino si esibì in una trentina di concerti trasmessi via radio dall’EIAR (Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche, l'ente pubblico monopolista delle radiodiffusioni in Italia dal 1927 al 1944). Matthey disse: «essere ascoltati alla radio è una delle poche gioie di noi poveri artisti».

 

Recensioni di alcuni concerti trasmessi dall’ EIAR

 

Dopo questi anni felici la situazione cambiò nel 1935: era infatti scoppiata la Guerra d’Etiopia, la situazione finanziaria italiana stava peggiorando in modo generalizzato. L’attività concertistica di Matthey vide un rallentamento, tuttavia nel 1938 ebbe una grande soddisfazione: fu invitato a tenere uno dei concerti inaugurali del nuovo organo del Duomo di Milano. In questa occasione, avvisato da Costante Adolfo Bossi della difficile acustica della Cattedrale milanese, preparò con meticolosa cura un programma adatto a mettere in luce le grandi masse sonore dello strumento; il brano più apprezzato fu la Predica di S. Francesco agli uccelli di F. Liszt.

 

Gli ultimi anni

Dopo il 1938 Matthey tenne ancora dei concerti fino allo scoppio della seconda guerra mondiale. Nel frattempo raggiunse i limiti di età per il pensionamento e dovette cessare l’attività di docente di ruolo, ma per interessamento di Lorenzo Perosi rimase a Torino come docente incaricato, dal 1941 fino alla chiusura del Conservatorio per i bombardamenti del 1943. Proprio in quell’anno la vita a Torino era ormai divenuta impossibile: la popolazione cercava di sfollare per i ripetuti bombardamenti, e a gennaio Matthey decise di tornare definitivamente a Loreto.

Fu un triste ritorno: la notte precedente Torino era stata bombardata in modo violento. Matthey raccontò che nello studio dell’EIAR si stava eseguendo la Missa solemnis di Beethoven, diretta da Victor De Sabata: «Alle parole “Et in terra pax hominibus” si udì l’allarme e poi caddero le bombe. Tutti corsero nel rifugio e furono attimi di vero terrore. Al mattino, si ebbe uno spettacolo straziante: case diroccate, palazzi squarciati, parecchia gente della gente raccolta nel rifugio non trovò più la propria abitazione». A Torino Matthey lasciò il suo pianoforte Steinway Mignon nascosto in un sotterraneo, dando disposizioni che gli venisse spedito a Loreto. L’impresa fu ardua, ma il pianoforte arrivò intatto a Loreto e fu collocato nella sala grande accanto a un piccolo organo da studio che gli era stato donato da Vincenzo Mascioni.

 

Torino distrutta dai bombardamenti

 

Nel mese di febbraio incredibilmente riuscì a recarsi in Germania, a Braunschwig, per un concerto. Le pratiche per il passaporto furono difficilissime, ma grazie all’interessamento di un Padre Cappuccino tedesco residente a Roma tutto andò bene. Matthey fu accolto in Germania con tutti gli onori e gli italiani residenti in quella zona accorsero per applaudirlo. Riuscì anche a tenere due concerti durante il viaggio di ritorno, uno a Cremona e uno a Milano. Il 2 giugno suonò a Udine, poi non fu più possibile viaggiare e si adattò a dare lezioni di pianoforte e a insegnare canto corale nell’Istituto Baracca di Loreto.

La situazione finanziaria personale gli destava preoccupazione, poiché con la svalutazione monetaria i suoi risparmi persero valore: dovette far richiesta della tessera annonaria per procurarsi i generi di prima necessità. Dal 1940, durante l’estate, Matthey andava a trovare gli studenti Cappuccini e offriva loro un’ora di musica. La sera del 12 agosto 1942 tenne un concerto d’organo a lume di candela per i frati: in programma Toccata, Adagio e Fuga di Bach, Marche funèbre et chant séraphique Op. 17 di Guilmant, Canone di Schumann, Canzoncina a Maria Vergine e Studio Sinfonico di Bossi. Quando a Loreto nel 1944 passarono le truppe alleate, molti ufficiali che avevano ascoltato Matthey alla radio vollero incontrarlo e vederlo suonare.

Alla fine del 1944 Matthey si ammalò gravemente: gli era stata riscontrata un’ulcera allo stomaco. Rimase a letto per 5 mesi! In quel periodo non si trovavano medicine e scarseggiavano i beni alimentari; fortunatamente un ufficiale che conosceva la fama di Matthey fece arrivare tutto il necessario per curarlo, ma la sua salute restò precaria e quando alla fine del 1945 ricevette pressante invito ad occupare la cattedra di Organo al Conservatorio Pollini di Padova dovette purtroppo rinunciare. Riuscì ancora a tenere alcuni concerti d’organo a Busto Arsizio, Milano, Senigallia, Cireggio, ma aveva compiuto in aprile sessant’anni e la sua salute era ormai compromessa.

L’ultimo concerto fu il 24 novembre 1946 in Duomo a Novara. Si congedò dall’attività di organista concertista con questo programma: Preludio e fuga BWV 552 di Bach, Suite Gothique di Boëllmann, Scena pastorale e Giga di M. E. Bossi, Terzo Corale di Franck, Marcia Funebre e Canto Serafico di Guilmant, una trascrizione per organo del brano Nelle steppe dell’Asia centrale di Borodin e il Finale della Sesta Sinfonia di Widor. Nel 1898 aveva iniziato la sua carriera con il Preludio in Si minore di Bach, ora la terminava con la meravigliosa Fuga in mi bemolle maggiore.

Il 27 febbraio 1947 suonò per l’ultima volta in pubblico a Macerata nel teatro dei Salesiani per la Settimana Francescana. Negli ultimi mesi di vita lavorò ad un’edizione delle opere di Bach su incarico delle Edizioni Ricordi; la sua salute continuava a peggiorare, ma sperava di riuscire a tenere due concerti d’organo, uno a Belluno e uno a Zurigo, nella bella stagione. Non ci riuscì, e i due concerti furono tenuti dal suo allievo Pietro Ferrari, che fece molto onore a Matthey eseguendo le sue Impressioni pastorali.

 

Lettera con cui l’editore Ricordi propone a Matthey la revisione delle opere per organo di J.S. Bach

 

Matthey, che dal 1946 si era trasferito ad Ancona, agli inizi di Giugno del 1947 era ormai ricoverato in ospedale. Durante una visita dell’amico Padre Bernardo da Offida disse: «Siamo alla fine caro Padre… Dinanzi agli uomini credo, almeno spero, di stare a posto: ma dinanzi a Dio? Posso dire veramente che in tanti anni mai mi sono accostato all’organo senza il massimo rispetto per lo strumento sacro e il luogo sacro. Ho realmente fatto sempre del mio meglio per il decoro della Chiesa. Nella mia vita ho avuto tante e tali soddisfazioni che le ho considerate come compenso datomi dalla provvidenza per quel po’ di bene che nell’arte sacra ho potuto fare. Quindi ho il motivo di pensare questa partita sia chiusa».

Ulisse Matthey morì la mattina del 6 Luglio 1947. Per testamento lasciò alla Santa Casa di Loreto il suo pianoforte, perché il ricavato della vendita costituisse il primo fondo per la costruzione di un grande organo degno della Basilica. L’amministrazione Pontificia mise il denaro relativo al valore dello strumento come fondo per il nuovo organo e conservò il pianoforte come ricordo di Matthey; l’organo Balbiani-Vegezzi-Bossi fu inaugurato il 5 agosto 1950. La causa della morte di Matthey fu insufficienza miocardica; così lo descrisse il dott. Umberto Mulè, Primario e Direttore dell’Ospedale Civile Santa Casa: «La serenità degli ultimi suoi istanti di vita erano pari alla diafana leggerezza del cielo, Anima credente, squisitamente musicale nella serenità dell’agonia, sembrò a noi che volesse trarre dal suo essere un’ultima armonia. Il suo cuore esausto rallentò il battito lieve, sempre più lieve, smorzando, piano, pianissimo, punto coronato; fu! Anche morendo suonava. Chi ha conosciuto il Maestro Matthey sa che è morto consumato dalla sua arte».

 

 

Aspetti di vita di un illustre organista

Bernardo da Offida racconta che chi ebbe la fortuna di incontrare Matthey, dopo la prima impressione di soggezione, dovuta all’ammirazione per il celebre artista, sentiva nascere un affetto spontaneo per la sua gentilezza e per la sua bontà. Non era facile conoscerlo con un semplice colloquio, bisognava avvicinarlo lungamente, parlargli, soprattutto far parlar lui. Conoscere Matthey significa conoscere meglio la sua arte: il suo carattere, le sue abitudini, sono stati coefficienti importantissimi della sua arte.

Dalla sua bontà d’animo scaturiva un senso di forte gratitudine; aveva pochi amici, ma cordiali. Poco avvezzo a scrivere lunghe lettere era invece portato a scrivere cartoline, dalle città dove si recava per i concerti o in occasione di onomastici.

Studio da concerto eseguito da Fausto Caporali:

 

 

Un’amicizia cordiale, pienamente ricambiata, lo unì a Marco Enrico Bossi: soffriva molto quando si voleva fare di lui un antagonista di Bossi, e decise di non accettare concerti quando capiva che l’invito era stato fatto per un dispetto al suo amico. Ad esempio, ricevette un invito da Bologna mentre ci si trovava Bossi e dubitò della correttezza degli organizzatori nei confronti dell’amico; questi alla fine invitarono Bossi e si riconciliarono con lui. Prima che M. E. Bossi partisse per gli U.S.A., Matthey gli scrisse una lettera per attestargli la sua amicizia e immensa ammirazione con gli auguri più cordiali, ma purtroppo non ebbe risposta. Qualche anno più tardi, Costante Adolfo Bossi gli assicurò che la lettera era stata ricevuta, tanto che Marco Enrico la sera prima di partire la lesse ai famigliari… si era ripromesso di rispondere durante il viaggio di ritorno, ma morì prima di poterlo fare. Quasi ad ogni concerto Matthey eseguiva un brano del suo grande amico, alla sua morte gli dedicò una Elegia e tenne vari concerti commemorativi.

Nel redigere i programmi dei concerti egli cercava di favorire i suoi amici compositori, specialmente se il concerto doveva essere tenuto nella città dove abitavano.

Tramite questo link è possibile visualizzare l’elenco dei concerti di Matthey redatto da Bernardo da Offida.

La vita di Matthey era modellata all’insegna della regolarità: gli orari del riposo, della sveglia al mattino, della passeggiata e dello studio erano pianificati con scrupolo. A Loreto al mattino lo si vedeva sempre a passeggio all’ora stabilita, un giorno nei giardini pubblici sotto la Basilica, un altro giorno al Monte Reale, accompagnato sempre dal suo fedele cagnolino. Matthey abitava in una casa sempre ordinata e con pochi quadri e coltivava la passione per i fiori. I suoi passatempi erano pochissimi: a Loreto passava volentieri del tempo al caffè e amava molto andare al cinema: preferiva soggetti musicali o comici, con una spiccata simpatia per Charlot. A Torino era assiduo frequentatore dell’Opera e dei concerti sinfonici. Nell’ascoltare musica era molto esigente: non andava alla Messa cantata se sapeva che si eseguiva musica scadente, e se si ci trovava casualmente usciva. Passava ore ad ascoltare la radio, soprattutto brani sinfonici o pianistici.

 

 

Generalmente preferiva la solitudine, come confessò a Bernardo da Offida: «Sono abituato a star solo non mi annoio mica. Anche a Torino, eccetto il tempo delle lezioni, sto sempre solo. Se si sta in conversazione, bisogna parlare di politica, di affari, di sport, tutte cose delle quali non mi intendo. Di musica nessuno vuol parlare e neppure sentire. Quindi preferisco star solo».

Matthey era un buongustaio, pur essendo moderato in tutto. Mangiava molto volentieri i dolci e faceva molto uso di caffè: quando durante la guerra il caffè divenne una rarità ne soffrì molto, il surrogato non lo sopportava. Un giorno, dopo aver suonato dai Cappuccini a Loreto fu invitato per il caffè e rifiutò, ma un frate specificò che si trattava di caffè brasiliano… Matthey allora accettò con molto piacere!

Altra passione erano le sigarette, anche se molti gli facevano notare che non gli facevano bene… lui rispondeva: «Lo so, ma che volete farci? La sigaretta e la tosse sono le mie compagne che mi lasceranno solo al sepolcro». Durante la guerra suonava volentieri a richiesta di ufficiali polacchi e inglesi, che normalmente offrivano un pacchetto di sigarette. Durante la sua malattia sostituì il medico che gli aveva vietato di fumare con un altro che gli disse solo di diminuire il numero di sigarette: Matthey quindi iniziò a fumare la sigaretta smezzata, senza diminuire il numero delle fumate.

 

Insegnante capace ed eccelso organista

Matthey riuscì a conciliare l’attività d’insegnate con quella di concertista: nella sua vita tenne 526 concerti e iniziò a dare lezioni dall’età di 15 anni. A Loreto insegnò pianoforte e organo e dal 1923 proseguì la sua attività di docente al Liceo musicale di Torino. Nell’insegnamento di Matthey si possono individuare quattro capisaldi: far studiare, studiare con metodo, assistere e aiutare l’allievo, far amare l’arte musicale.

Con gli allievi era molto severo, concedeva poche parole d’incoraggiamento e ci teneva a mantenere la necessaria distanza tra insegnante e studente. Metodo, regolarità, precisione erano stati i segreti del suo successo: Matthey credeva che la genialità, salvo rarissime eccezioni, «è una lunga pazienza». Tutti i suoi allievi dovevano imparare a studiare, dovevano convincersi che avevano bisogno di imparare. Sulla tecnica non vi erano discussioni: era la base necessaria, il punto di partenza per l’arte; Matthey tuttavia disapprovava il virtuosismo vanitoso: «Non è necessario consumare troppe scarpe per suonare bene Bach».
In base ad alcune testimonianze dei suoi allievi sappiamo che i brani nuovi li faceva leggere in sua presenza e dava suggerimenti per uno studio efficace e anche consigli per una comoda diteggiatura. Insegnare era per lui la musica stessa viva ed efficiente, conosceva a fondo l’arte di giungere al risultato tecnico necessario per conseguire il mezzo espressivo. Non aveva la minima gelosia del suo inestimabile tesoro di cognizioni, che aveva accumulato con lungo e ostinato lavoro. Nel 1942 gli fu conferita la “Stella al merito della scuola”.

La Ciaccona di Bach BWV 1004 trascritta da Matthey eseguita da Paolo Crivellaro:

 

Elenco di alcuni allievi redatto da Bernardo da Offida

 

Matthey ha portato all’organo la sua anima musicale, la sua immensa cultura, la sua passione per il pianoforte e l’esperienza di insegnante. Nel periodo dell’affermazione della riforma ceciliana fu una delle punte di diamante del concertismo italiano. Dopo Bossi e Manari, e nel periodo di ascesa di Fernando Germani, possiamo affermare che Matthey fu il miglior organista concertista italiano.

Tra i suoi ammiratori possiamo annoverare Debussy, Mascagni, D’Indy, Perosi, Bossi. In lui la tecnica non era solo agilità e velocità, significava anche conoscenza perfetta di tutti gli effetti dell’organo e capacità di saperli ottenere. La sua registrazione era una cosa personale, originalissima: ci si sentiva il musicista colto, ma anche ricco di fantasia. Disse Tebaldini: «La sua registrazione era una orchestrazione». Matthey aveva una predilezione per la musica organistica descrittiva e si compiaceva di trovare gli impasti più belli. Così scrisse il Mascagni: «Sei stato meraviglioso in tutti i brani, ma dove ti sei dimostrato insuperabile è stato nel “Vecchio Castello”, il pezzo che più mi hai fatto gustare».

La trascrizione del Vecchio Castello di Musorgskij eseguita da Fausto Caporali:

 

Da giovane Matthey era noto come un eccellente improvvisatore, e al Congresso di Musica Sacra di Torino del 1905 seppe dare prova della sua abilità; tuttavia si dedicò maggiormente alla composizione e allo studio metodico. Matthey conservò con cura i programmi dei suoi concerti e da questi possiamo ricostruire da quali brani era formato il suo repertorio: 400 brani per organo solo e 11 per organo e orchestra; di Bach 30 brani differenti, compresa la Ciaccona per violino da lui trascritta, e numerosi brani di Guilmant, in primis il brano Marche funèbre et chant séraphique Op. 17.

Tra i musicisti Italiani preferiva M. E. Bossi, quasi in ogni concerto eseguiva una sua composizione; aveva infatti in repertorio circa 25 brani di Bossi, che gli dedicò il brano Fantasia Sinfonica per organo e orchestra. Oreste Ravanello gli scrisse nel 1935: «Non avevo dimenticato che Ella era stato il primo, anzi il solo (a mia cognizione) ad eseguire spontaneamente la mia “Mystica” e che la sua esecuzione ancora ha avuto uno splendido esito… Perciò avevo deciso di dedicarle le mie “Variazioni in Si minore”, opera che è in corso di pubblicazione…». Matthey ha anche il merito di aver scoperto la poderosa Sonata per organo di Emilio Schieppati, presentata ad un concorso di composizione ma non premiata: egli la studiò e la eseguì in numerosi concerti in Italia e all’estero.

La prima volta che Matthey eseguì una sua composizione fu nel 1912, in un concerto commemorativo di Filippo Capocci. In totale si possono contare 17 sue composizioni che solitamente inseriva nei programmi da concerto.

Tramite questo link è possibile visualizzare l’elenco delle composizioni di Matthey redatto da Bernardo da Offida.

La Toccata Carillon eseguita da Fausto Caporali:

 

Matthey scrisse due quaderni di appunti dal titolo L’organo nel giudizio di musicisti e letterati. In queste pagine scriveva i pensieri più belli sull’amato strumento che incontrava nelle sue letture. Dettaglio non di poco conto fu la sua cultura letteraria e storica: la sua biblioteca conteneva quattro scaffali pieni di libri.

Il carattere di Matthey è racchiuso nelle sue composizioni, oggi purtroppo poco eseguite e praticamente sconosciute al pubblico; le pagine musicali che ci ha lasciato certamente non sono di facile esecuzione e semplice ascolto. Occorre anche notare che Matthey lasciò come disposizione testamentaria che alla sua morte venissero distrutte le sue partiture, ad esclusione di alcune liberamente scelte da Bernardo da Offida e dal M° Pietro Ferrari. Questi fortunatamente conservarono tutto il materiale che poterono trovare, ma Matthey aveva già iniziato a distruggere alcuni manoscritti negli ultimi tempi. Tra le sue opere troviamo composizioni virtuosistiche di elevata difficoltà tecnica, varie Elegie, Meditazioni, Preghiere, Pastorali. In generale possiamo ammirare uno stile introspettivo, con una poetica raffinata. Lo sviluppo del brano non è mai scontato, la sua conoscenza dell’armonia e del contrappunto sono mezzi per esprimere una personale musicalità tardoromantica. Matthey disse: «La mia musica non vale niente, forse; ma è mia. Nessuno può dire di averla già sentita. È mia, solo mia». La complessità della sua musica può apparire come vana ricercatezza, un artificio fine a sé stesso, invece si tratta di un linguaggio coerente all’interno di una forma definita: nella sua musica possiamo trovare un collegamento tra il compositore e il suo modo di interpretare il mondo che ha vissuto o anche solo immaginato.

L’organo fu lo strumento tramite il quale “l’organista gentile” fece conoscere a questo mondo l’infinita bellezza del mondo che verrà.